L’organo della Cattedrale
«L’instrumento c’è, ma s’egli non avrà un’anima vivente, capace di animarlo e animarlo come lo comporta
la sua natura, egli rimarrà un semplice cadavere».
Con queste parole, un anonimo che si firmava semplicemente come «Un Uditore», concludeva un breve
scritto dedicato all’inaugurazione dell’organo della Cattedrale di Aosta nel numero del febbraio 1903
dell’importante rivista «Musica Sacra» di Milano. Egli descriveva lo strumento come «bene equilibrato»,
«potente assai nel suo ripieno» che rimbomba «quale uragano nelle vaste navate del Duomo» e ricco di
timbri rotondi e luminosi. Durante il concerto d’inaugurazione, Roberto Remondi, celebrato concertista e
docente al Conservatorio di Torino aveva fatto risuonare una «musica divina» con «dolcezza, spontaneità
e tranquilla serenità». Quel che fece però irritare l’estensore del trafiletto fu l’approssimativa esecuzione
della Cappella Musicale del Duomo durante la celebrazione della Messa che precedette il concerto: la
compagine, maldestramente preparata e diretta, non era riuscita a dimostrare «nè affiatamento, nè colorito
di sorta, nè apparenza di qualche anche menoma interpretazione». Se consegnato a tali dilettanti,
concludeva infaustamente l’irritato Uditore, l’organo di Aosta sarebbe rimasto cadavere inanimato…
Fortunatamente, la storia non gli ha dato ragione.
Il magnifico strumento – capolavoro assoluto del più grande degli organari italiani, Carlo Vegezzi-Bossi
[1858-1927], sintesi mirabile tra il frutto maturo delle scuole italiana e d’oltralpe – ha invece sempre piegato
i suoi possenti muscoli sonori al servizio della liturgia, forgiando sia le delicate forme della contemplazione
che quelle gloriose dell’esultanza. Nell’ambito di prestigiosi concerti è stato suonato dai più abili
organisti venuti da ogni parte del mondo, offrendo loro un’infinita tavolozza sonora con cui delineare tutte
le forme plasmate dal genio musicale dell’uomo: dalle espressioni dei tempi antichi sino alle più audaci
sperimentazioni contemporanee. Ha reso la Cattedrale di Aosta una delle mete referenziali di molti
organisti che sanno esservi custodito la più grande, la più nobile, la migliore opera dell’arte organaria italiana
del tempo.
Oggi il magico Vegezzi-Bossi catalizza l’amore e la passione di persone straordinarie che se ne prendono
cura: primi fra tutti, l’organista titolare Jefferson Curtaz e il suo vice Flavio Desandré che con spirito
di servizio contribuiscono a dare splendore alla liturgia e a suonarlo con quell’anima vivente che l’antico
Uditore dubitava di trovare in Aosta.
(Tratto da un articolo di Andrea Macinanti, Docente di Organo al Conservatorio di Bologna, pubblicato sul nostro Bollettino)